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Social ServicesProfessional Development Nov 20 Written By Chiara Sperabene
Oggi parliamo di una figura professionale il Coordinatore Genitoriale che sta assumendo sempre più rilevanza nei casi di alta conflittualità familiare. Il Coordinatore Genitoriale ricopre un che, come in una partita a scacchi, richiede strategia, equilibrio e capacità di prevedere le mosse future. Dopo l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, quali prospettive si sono aperte? come si sta inserendo questa figura all’interno dell’ordinamento giudiziario? Ne discutiamo con la dott.ssa Sara Spaterna , Assistente Sociale, coordinatrice genitoriale e Presidente dell’A.Co.Ge.P., Associazione Coordinatori Genitoriali Professionisti.
La Riforma Cartabia ha ridefinito molti aspetti del diritto di famiglia. Come incide sul lavoro del Coordinatore Genitoriale?
La Riforma Cartabia ha introdotto una visione più integrata della giustizia, puntando a ridurre i tempi e favorire strumenti alternativi al contenzioso. In questo contesto il Coordinatore Genitoriale trova uno spazio privilegiato: non è un giudice né un consulente tecnico d’ufficio, ma una figura ponte che aiuta i genitori a rispettare i provvedimenti del tribunale, riducendo l’escalation conflittuale. La riforma Cartabia ha creato un terreno più fertile per l’applicazione di questo strumento.
Perché lo paragona a una “partita a scacchi”?
Perché ogni decisione dei genitori, in situazioni di conflitto, ha effetti a catena sulla vita dei figli e sulla relazione con l’altro genitore. Il Coordinatore deve muoversi come in una partita a scacchi: prevedere reazioni, mediare senza irrigidire, accompagnare verso mosse costruttive. Non si tratta di vincere o perdere, ma di stimolare le parti ad una convivenza regolata e sostenibile, dove i figli non restano pedine sacrificabili ma diventano il centro di un progetto comune.
In quali casi si ricorre maggiormente al Coordinatore Genitoriale?
Tipicamente nei casi di alta conflittualità: genitori che non riescono a comunicare, che litigano su aspetti organizzativi anche minimi, o che mettono i figli in mezzo ai contrasti, usandoli come merce di scambio. Quando le decisioni del giudice non bastano, perché non si traducono in comportamenti quotidiani, il Coordinatore entra in gioco per “tradurre” le norme in azioni pratiche, sostenendo il rispetto degli accordi e riducendo i margini di ambiguità e conflittualità.
Come può integrarsi questa figura con le professionalità già attive – avvocati, psicologi, mediatori familiari?
Non è una sovrapposizione, ma una sinergia. L’avvocato tutela i diritti legali, il mediatore facilita la comunicazione, lo psicologo sostiene la dimensione emotiva. Il Coordinatore, invece, è operativo: aiuta i genitori ad applicare concretamente quanto stabilito, intervenendo con tempestività nei conflitti quotidiani. In questo senso, lavora accanto agli altri professionisti, rafforzando l’efficacia dei loro interventi e alleggerendo il carico sul sistema giudiziario.
Quali sono le sfide più complesse per chi svolge questo ruolo?
La prima è mantenere l’equidistanza: non schierarsi con un genitore ma con il superiore interesse del minore. La seconda è gestire l’aspettativa di “decisionismo”: molti pensano che il Coordinatore sostituisca il giudice, ma non è così. È una figura di supporto e regolazione, è lo stesso giudice che stabilisce i confini dell’operato del Coordinatore, può essere di tipo decisionale o di facilitazione attraverso l’utilizzo di raccomandazioni. Infine, c’è la sfida culturale: far conoscere e accettare questa nuova figura come opportunità, non come ulteriore intrusione.
Si è recentemente costituita un’associazione A.Co.Ge.P. Che ruolo può avere per la crescita della professione?
L’associazione è fondamentale perché permette di creare una rete di professionisti formati, con linee guida comuni e standard deontologici chiari. È anche un luogo di confronto e aggiornamento, indispensabile per una figura che è ancora giovane nel nostro ordinamento ma che richiede competenze multidisciplinari solide.
In particolare, l’associazione A.Co.Ge.P. è stata fondata da tre professioniste: la sottoscritta, la dott.ssa Margarita Nicoleta Ginga e la dott.ssa Angela Passetti Si tratta di una realtà giovane ma con una visione chiara: crescere, strutturarsi e mettersi a disposizione della comunità. L’obiettivo è non solo promuovere la cultura della Coordinazione Genitoriale, ma anche fornire strumenti concreti alle famiglie e ai professionisti coinvolti nella tutela minorile.
Il 28 novembre la vostra associazione ha organizzato un evento formativo sulla figura del Coordinatore Genitoriale. Che importanza hanno momenti come questo?
Sono occasioni preziose non solo per approfondire aspetti teorici e pratici del ruolo, ma anche per sensibilizzare magistrati, avvocati e operatori sociali. La formazione condivisa contribuisce a creare un linguaggio comune e a diffondere una cultura di collaborazione, che è la base stessa del coordinamento genitoriale.
Come vede l’evoluzione futura del Coordinatore Genitoriale in Italia?
Credo che diventerà una risorsa sempre più stabile nei tribunali e nei servizi di tutela minorile. La Riforma Cartabia ha aperto una porta verso strumenti alternativi al conflitto giudiziale, e il Coordinatore rappresenta proprio questo: un modo per trasformare la guerra in dialogo regolato. Un po’ come negli scacchi, non si tratta di distruggere l’avversario, ma di riconoscere le regole, accettare i limiti e trovare strategie di coesistenza. Il Coordinatore gioca la partita a scacchi muovendosi sempre nel miglior interesse del minore coinvolto.
Il Coordinatore Genitoriale, dopo la Riforma Cartabia, appare sempre più come un “giocatore silenzioso” che orienta la partita senza muovere direttamente i pezzi. Una figura che, integrandosi con avvocati, psicologi e mediatori, può davvero contribuire a ridurre la conflittualità cronica e restituire ai figli la serenità che meritano.
La nascita dell’associazione A.Co.Ge.P. – con le sue tre socie fondatrici, la dott.ssa Sara Spaterna, la dott.ssa Margarita Nicoleta Ginga e la dott.ssa Angela Passetti – e l’organizzazione di eventi formativi, come quello del 28 novembre, rappresentano passi concreti verso la strutturazione di questa professione in Italia. Una giovane associazione, che guarda al futuro con la volontà di crescere e di mettersi a disposizione della comunità, offrendo sostegno reale alle famiglie e ai professionisti della tutela minorile.
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